5 grandi filantropi che hanno fatto fortuna in modo poco nobile

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. "Roby 93"
     
    .

    User deleted


    "Dietro ogni grande fortuna si nasconde un grande crimine". Lo diceva Honoré de Balzac. Questa frase potrebbe ben sintetizzare le vicende di alcuni famosi miliardari americani che sono diventati grandi benefattori ma che hanno raggiunto ricchezza e fama con azioni ben poco nobili. C'è chi ritiene che questi "paperoni" si siano dati alla beneficenza e alla filantropia non perché spinti da un vero sentimento di solidarietà verso il prossimo ma solo per migliorare la propria immagine sociale.

    Ecco le storie di cinque noti filantropi che hanno costruito la propria fortuna in modo poco etico.

    Andrew Carnegie
    La vicenda esistenziale di Andrew Carnegie è la classica storia dell'uomo che da povero in canna diventa ricchissimo. Carnegie emigrò in America dalla Scozia che era ancora un ragazzino. Era il 1848. Fece vari lavori, alcuni dei quali umili e faticosi, ma grazie al suo talento negli affari riuscì a costruire nel tempo un impero economico, diventando uno degli uomini più ricchi di sempre: il suo patrimonio, ai valori attuali, sarebbe il secondo più alto di tutti i tempi. Il settore di cui divenne il re incontrastato fu quello dell'acciaio. Negli ultimi periodi della sua vita, divenne un benefattore aprendo numerose biblioteche pubbliche negli Usa e finanziando varie attività di beneficienza. La sua fondazione, la Carnegie Corporation, conta attualmente su un patrimonio di 3 miliardi di dollari [guarda il cambio in euro].
    Tuttavia, anche Carnegie si è "macchiato" di colpe che hanno compromesso la sua immagine. Durante una minaccia di sciopero da parte degli operai del suo stabilimento più importante, in Pennsylvania, decise di andare in Scozia in vacanza e lasciare il "grattacapo" al suo socio anti-sindacati Henry Clay Frick. I lavoratori chiedevano aumenti di salario in linea con le crescite di profitto dell'azienda ma Frick non assecondò alcuna loro richiesta. Quando optarono per lo sciopero (noto come lo Homestead Strike) e impedirono ai "crumiri" di entrare in fabbrica, Frick reclutò degli agenti di sicurezza privati per garantire la continuazione del lavoro nello stabilimento. Nel conflitto che ne nacque, persero la vita nove operai e tre agenti di polizia. Per porre fine ai disordini e scortare i lavoratori che volevano entrare in fabbrica, intervennero le forze di sicurezza della Pennsylvania: lo sciopero fu interrotto e molti scioperanti tornarono a lavorare a un livello salariale ancora più basso.

    J. P. Morgan
    Tra la fine del diciannovesimo e l'inizio del ventesimo secolo, J. P. Morgan fu uno dei più potenti banchieri del mondo. Grazie alla sua famiglia, già attiva nel campo bancario, fondò la J. P. Morgan & Co. Nel tempo il suo istituto stabilì legami con altre banche, così da creare un centro di potere in grado di cambiare il volto industriale dell'America: stimolò joint venture e favorì lo sviluppo di grandi aziende americane, facendole diventare le maggiori del mondo. Una parte delle ricchezze di Morgan fu destinata ad attività filantropiche come la creazione di ospedali, scuole e biblioteche.
    Anche Morgan però ha costruito la sua fortuna in modo non del tutto limpido. Il banchiere sfruttò le sue conoscenze per "infiltrare" se stesso e i suoi sodali nei consigli di amministrazione delle maggiori società americane. Questo gli consentì di creare dei monopoli insieme ad altri miliardari come Andrew Carnegie e John D. Rockefeller: in questo modo impedì la concorrenza tra le aziende, fece aumentare i prezzi e riuscì a controllare ampi segmenti dell'economia americana. Tale approccio favorì quella cultura del monopolio che avrebbe generato nel tempo varie crisi finanziarie. Con la sua influenza, J.P. Morgan poteva alimentare o frenare molti settori dell'economia determinando i livelli di occupazione e la destinazione dei risparmi di milioni di persone.

    Henry Ford
    Grazie a Henry Ford (nella foto), le automobili non furono più solo un "giocattolo" per ricchi ma diventarono un mezzo presente in quasi tutte le famiglie e in grado di trasformare il modo in cui gli americani vivono e lavorano. Il suo uso innovativo della catena di montaggio rese le auto più veloci, più economiche e più affidabili. Fu lui a creare il mercato di massa delle automobili e, con esso, centinaia di migliaia di posti di lavoro. Nella sua vita, decise di utilizzare una parte della sua enorme ricchezza per provare a risolvere i problemi del mondo. Su queste basi creò la Ford Foundation, una fondazione che ha un patrimonio stimato in 11 miliardi di dollari [guarda il cambio in euro], nata con lo scopo di promuovere la pace, combattere le malattie e contribuire alla creazione di una società migliore.Intenti nobili, senza dubbio.
    Peccato che Ford fece molto poco per migliorare la disumana condizione di lavoro a cui erano costretti gli operai delle sue fabbriche. Eccezion fatta per il salario di 5 dollari al giorno (una somma piuttosto elevata per quei tempi), i lavoratori delle industrie Ford ricevevano pochissime garanzie in termini di salute e sicurezza sul lavoro. Gli operai erano obbligati a turni massacranti, non potevano parlare con i colleghi ed erano tenuti, davanti alla catena di montaggio, a fare sempre lo stesso compito. I livelli di produzione, inoltre, venivano fatti crescere continuamente e gli operai che non riuscivano a reggere i ritmi di lavoro erano licenziati. A raccontare in modo mirabile l'alienazione e i problemi psichici causati da questo lavoro ripetitivo fu Charlie Chaplin con il suo film "Tempi moderni". Nel 1937, il suo braccio destro Harry Bennett aggredì diverse persone che distribuivano volantini sindacali davanti a una fabbrica. E dopo che il Detroit News pubblicò alcune foto dell'aggressione, la reputazione di Ford fu macchiata davanti agli occhi del mondo: tre anni dopo, decise di firmare un accordo con i sindacati. Ford, inoltre, era anche antisemita. Sul Dearborn Weekly pubblicò numerosi articoli e scritti contro gli ebrei. Per la sua attività "giornalistica" fu insignito della Gran croce dell'aquila germanica, un premio nazista per gli estremisti non tedeschi.

    John D. MacArthur
    La fondazione creata da John D. e Catherine MacArthur sostiene finanziariamente attività culturali, media e progetti artistici. Con un patrimonio di 5,2 miliardi di dollari [guarda il cambio in euro], è famosa soprattutto per il supporto economico dato ai mezzi di comunicazione di servizio pubblico in America. La fondazione è nata grazie a John. D MacArthur, uomo d'affari attivo nel campo delle assicurazioni, che ha lasciato in eredità all'ente il 92% della sua immensa fortuna.Ma a dispetto di quanto si possa pensare, MacArthur non è sempre stato un benefattore, anzi. Nella sua vita ha spesso truffato clienti e venditori non restituendo il denaro che gli spettava. Anche quando la stampa lo acclamò per aver dato un posto di lavoro a 650 disabili, si venne a sapere che la sua scelta era dovuta al fatto che gli uffici in cui avrebbero lavorato erano troppo piccoli per lavoratori normodotati e più adatti a impiegati di bassa statura. Solo la seconda moglie di MacArthur, Catherine, riuscì a farlo "ragionare". Anche dopo che John D. fu accusato di molestie sessuali sulle impiegate delle sue agenzie e tentò di strappare alla moglie le quote di partecipazione all'impresa assicurativa, la combattiva Catherine riuscì a realizzare il suo obiettivo: convincere il marito a creare la fondazione. MacArthur acconsentì solo grazie al parere di un avvocato secondo il quale realizzare una fondazione gli avrebbe permesso di pagare meno tasse dopo la sua morte.
    William Randolph Hearst
    William Randolph Hearst è cresciuto in una famiglia benestante americana che aveva fatto fortuna con oro e petrolio. Dopo l'espulsione da Harvard, il padre di Hearst decise di passare al figlio tutti i suoi business compresa la proprietà del San Francisco Examiner. William Randolph scelse quindi di spendere un milione di dollari per ammodernare il quotidiano, puntando in particolare sulla cronaca nera. La sua scelta si rivelò vincente e nel 1895, Hearst decise di lanciare la sfida a Joseph Pulitzer, il proprietario del New York World: acquistò il New York Morning Herald e reclutò tutto il personale dell'edizione domenicale del quotidiano di Pulitzer. Con queste mosse diventò il maggior magnate dell'editoria in America. Proponendo un giornalismo sensazionalistico (la cosiddetta "yellow press"), i suoi media divennero tra i più popolari negli Stati Uniti: è a lui che si è ispirato Rupert Murdoch per costruire il suo impero mediatico.Le fondazioni Hearst, il cui valore è di 313,5 milioni di dollari [guarda il cambio in euro], sono diventate attivissime in ambito filantropico. Hearst però non può essere considerato un personaggio specchiato dal punto di vista etico. Per battere i suoi competitor, il magnate americano molto spesso spinse i suoi giornalisti a creare di sana pianta le notizie. Il caso più clamoroso fu nel 1898. In un periodo di forti tensioni tra Spagna e Cuba, che spingeva per l'indipendenza da Madrid, gli Stati Uniti inviarono una nave da guerra, la Maine, nell'isola per proteggere gli interessi americani. Nel febbraio di quell'anno, l'imbarcazione militare esplose e nella deflagrazione morirono i 266 uomini a bordo. Subito si pensò a una bomba messa dagli spagnoli, ma prima ancora che fosse avviata un'indagine per stabilire la dinamica dei fatti, Hearst ordinò ai suoi reporter di raccontare gli eventi come se fosse già scoppiata una guerra tra Spagna e Stati Uniti. Il suo obiettivo era di orientare l'opinione pubblica americana contro la nazione europea. Non a caso, anche se i giornalisti non trovarono a Cuba nessuna prova di un'azione bellica spagnola contro gli Usa, il magnate fece scrivere che la guerra era già scoppiata. Il potere della stampa di Hearst fu così forte che qualche mese dopo, effettivamente, le due nazioni entrarono in conflitto: in aprile la Spagna dichiarò guerra agli Stati Uniti e ad agosto gli Usa avevano già sbaragliato le truppe spagnole. Ma questo non fu l'unico "demerito" del guru dei media. A narrare altre sue magagne ci fu quello che è considerato da molti esperti il più grande film della storia del cinema, "Quarto potere" di Orson Welles. Hearst usò i suoi giornali per screditare il film e fece in modo, ma invano, di acquistare la pellicola a un milione di dollari per poterla distruggere. Riuscì a rovinare la carriera di Welles, ma "Quarto potere" nel frattempo aveva già creato nell'opinione pubblica americana un'idea precisa della controversa figura di William Randolph Hearst.
     
    .
0 replies since 8/9/2011, 13:58   44 views
  Share  
.